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Renata Ronchi

Vincenzo Rosati: epistolario,
in: "Notizie dalla Delfico", 2005/3
 

1. Biografia

2. Donazione Rosati 3. Epistolario 4. Indice
 
 
1. Biografia: Vincenzo Rosati educatore e artista: un profilo biografico

Vincenzo Rosati nasce a Ponzano di Civitella del Tronto (Teramo) il 28 gennaio 1859 dal poeta dialettale Giovanni e da Mariangela Di Giuseppe.

Fin da bambino manifesta una spiccata vocazione artistica che lo accompagnerà in tutta la laboriosa vita dedita all’insegnamento in numerose scuole di Arti e Mestieri dirette con l’impegno costante di forgiare veri e propri “artisti del mestiere”[i]. Conseguita nel 1886 la laurea in ingegneria civile presso l’università di Napoli, città in cui ha inoltre frequentato con passione e profitto il Regio Istituto di Belle Arti, torna in Abruzzo portando nel cuore il ricordo degli anni più belli della gioventù vissuta intensamente nel capoluogo campano immerso nel demi-monde artistico culturale dei pittori suoi coetanei cimentandosi nella pittura e nel modellato, espressioni d’arte a lui particolarmente congeniali. A Napoli ha stretto fraterni affettuosi rapporti di amicizia con numerosi artisti[ii] tra cui: Esposito, Gianfante, Muzii e Zonaro[iii], autori di suoi ritratti giovanili a olio ora esposti nelle sale della Biblioteca Dèlfico di Teramo.

Nel 1888 fonda a Penne una scuola serale di Arti e Mestieri che viene segnalata dagli Ispettori Ministeriali come “scuola modello, degna di essere studiata e imitata” e la dirige per sei anni. Si trasferisce poi ad Atri in un istituto di pari indirizzo nel quale profonde l’infaticabile opera di educatore dal 1894 al 1904, rendendolo un vero vanto per la città. E la sua attività non si esaurisce nell’ambito scolastico ma è rivolta alla progettazione di palazzi, ville e monumenti, alla decorazione di ambienti, alla realizzazione di geniali congegni per officine e laboratori. Si dedica anche al paziente lavoro di ricercatore e studioso di archeologia collaborando attivamente con Edoardo Brizio[iv] dell’Università di Bologna che gli dà atto dell’importanza dei ritrovamenti effettuati e lo definisce “benemerito delle antichità atriane”. Nel 1897 riceve la nomina di Commissario per la conservazione dei Monumenti e degli oggetti d’Arte e d’Antichità per la provincia di Teramo e ricopre l’incarico fino al 1903. L’anno seguente parte alla volta di Catanzaro chiamato dal Ministero di Agricoltura e Commercio a dirigere la nascente Regia Scuola Industriale della città e in essa opera con grande zelo per ben 15 anni facendole assumere l’importanza di un’officina di produzione artistica evoluta tanto che nel 1911 all’Esposizione delle Scuole Industriali di Torino viene premiata con medaglia d’oro. Nel 1920 il Ministero delle Colonie gli affida il delicato compito di aprire e dirigere una scuola di tipo industriale a Tripoli e qui la sua infaticabile attività non è unicamente didattica ma profondamente italiana poiché volta a diffondere tra i giovinetti arabi da lui definiti “intelligenti, docili e grati dell’educazione impartita”, l’amore e l’ammirazione per la nostra civiltà. Nominato nel 1922 Cavaliere della Corona d’Italia in attestazione dei servizi resi alla scuola di Arti e Mestieri, resta ancora per qualche tempo nella colonia italiana ma poi, per dissensi con la classe dirigente di cui non condivide il principio secondo cui unica finalità dell’insegnamento industriale è quello di preparare e addestrare solerti e ubbidienti operai, chiede di essere riammesso nell’organico delle scuole italiane e dal gennaio 1923 presiede alla sezione artistica dell’Istituto d’Istruzione Professionale di Roma e dirige i Laboratori annessi al Regio Museo Industriale di cui, dal 1925 al 1928, è stimato Direttore. Vi apre qualificati corsi che affida a validi artisti quali Alberto Gerardi e Duilio Cambellotti che gli riconoscono le qualità del vero maestro e che,  insieme al Commissario di Governo Roberto Papini, divengono suoi inseparabili amici.

Collocato a riposo per raggiunti limiti di età nel 1929, chiede di poter continuare a mettere al servizio della scuola le sue forze non ancora esaurite e il Ministero dell’Educazione Nazionale, per le “speciali benemerenze acquistate in oltre 40 anni di insegnamento”, lo nomina Professore emerito del Regio Museo Industriale di Roma. Ma il Rosati, non rassegnandosi al ruolo di pensionato, fonda a Castellammare, Riviera di Pescara, una Scuola di tipo Artistico Industriale che dirige dal 1930 al 1933. Ormai settantacinquenne si ritira a Ponzano nella villa di famiglia da lui progettata e fatta decorare da suoi amici e collaboratori[v] e in questo “remoto luogo agreste[vi] riscopre la vena di artista autentico e sensibile e ad acquerelli, a tempera e a tecnica mista ritrae vecchi servitori di casa, campi e fiori dalle mille sfumature di colore, cieli altissimi e soprattutto il mare dalle infinite gradazioni di azzurro. Consapevole della poliedricità e complessità della propria opera e della ricchezza del materiale raccolto in tanti anni di lavoro, nella quiete delle pareti domestiche, circondato dall’affetto e dalla collaborazione dei famigliari, si dedica con grande passione al suo riordino. Una volta sistemata con meticolosa cura l’imponente mole di documenti, disegni, fotografie, dipinti, cimeli archeologici, libri, riviste e opuscoli, decide di farne dono alla Biblioteca Melchiorre Dèlfico di Teramo.

Il 1 novembre 1943 Vincenzo Rosati muore a Ponzano e le sue spoglie vengono tumulate nel cimitero di S. Eurosia di Civitella del Tronto, nella tomba di famiglia[vii] da lui realizzata per onorare la memoria del padre Giovanni e dello zio Pietro, latinista insigne.


[i] Tra i tanti giovani suoi alunni affermatisi nel campo dell’arte: lo scultore Tommaso Illuminati di Atri, il progettista Francesco Malaspina, i decoratori Attilio e Lodovico Costanzo di Pescara, il pittore Vittorio Antoccia e gli ebanisti Luigi De Angelis e Domenico Capritti. Essi, riconoscendolo come loro insuperabile  maestro, continuarono negli anni a rivolgersi con fiducia al suo aiuto e ai suoi consigli.

[ii] Francesco Paolo Michetti (Tocco Casauria, Chieti 1851-Francavilla a Mare1929), Salvatore Postiglione (Napoli 1861-1906), Giuseppe Casciaro (Lecce 1863-Napoli 1941), Attilio Pratella (Lugo Ravenna 1856-1948), Francesco Paolo Diodati (Campobasso 1864-Napoli 1940), Vincenzo Gemito (Napoli 1852-1929), e tanti altri.

[iii] Per le notizie biografiche vedi l’Indice dei Nomi.

[iv] Per le notizie biografiche vedi l’Indice dei Nomi.

[v] Si tratta di Vittorio Antoccia pittore, Francesco Malaspina progettista e di Lorenzo Astolfi pittore, autore quest’ultimo dei maestosi ritratti ad olio di Vincenzo e del barnabita Pietro Rosati, ora esposti  nelle sale della Dèlfico di Teramo.

[vi] Così Vincenzo Rosati definisce la sua Ponzano in una missiva inviata il 15 Dicembre 1941 a Grazia Salvoni Savorini, Direttrice della Biblioteca Dèlfico di Teramo.

[vii] Autori dei decori che ornano la tomba Rosati e dell’epigrafe, rispettivamente i fratelli Tommaso e Luigi Illuminati di Atri.

 

 

 

 
 
 

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