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Chieti - Teatro Marrucino - Lunedì 6 Aprile ore 17,30

 

Presentazione del libro di Enrico Di Carlo su Raffaele Fraticelli

 
 

Verrà presentato lunedì 6 aprile, al Teatro Marrucino di Chieti (ore 17.30), il libro di Enrico Di Carlo Raffaele Fraticelli. Voce di popolo (Ed. Verdone). Allegato al libro è un Cd con liriche declamate dallo stesso Fraticelli. La serata, dedicata al poeta per il suo ottantacinquesimo compleanno, è organizzata dall’associazione culturale teatina “Semprevivo”. Interverranno, oltre all’autore, l’arcivescovo di Chieti, mons. Bruno Forte e il presidente dell’associazione Aurelio Bigi.

 

Nato a Chieti il 9 gennaio 1924, Fraticelli ha legato il suo nome per oltre trent’anni alla storia della Rai abruzzese. Quando, nel marzo del 1953, iniziarono ad andare in onda dagli studi di Pescara i primi programmi radiofonici, l’allora direttore Edoardo Tiboni pensò di creare delle trasmissioni domenicali che si occupassero, con tono spensierato, dei problemi relativi ai quattro capoluoghi regionali più Campobasso, in quanto il Molise faceva ancora parte amministrativamente dell’Abruzzo.

 
Raffaele Fraticelli

 

 
 

Ogni capoluogo aveva, quindi, il proprio programma che andava in onda poco dopo mezzogiorno. A Fraticelli fu affidato il compito di condurre la trasmissione chietina che aveva per titolo “Il campanone”. In quella occasione, tre anni dopo, esordì la maschera di Zì Carminuccio (così chiamato dal secondo nome del suo creatore, Carmine). Personaggio ingenuo, o solo apparentemente tale, sin dall’inizio mostrò la semplicità dell’uomo di campagna in contrasto con le complicazioni burocratiche del centro urbano. Zì Carminuccio raggiunse consensi sempre più elevati quando, qualche anno dopo, la trasmissione prese il titolo di “Pe’ la Majella”, rievocatore di una tipica espressione locale.

 

A febbraio e a giugno del 1966, Fraticelli fu invitato a partecipare, insieme ad altri colleghi pescaresi, allo spettacolo radiofonico “Attenti al ritmo”, condotto da Mike Bongiorno. Zì Carminuccio fece la sua ultima apparizione dai microfoni della Rai nel 1989 quando partecipò al programma “Canti d’Abruzzo”, condotto da Carlo Orsini. Ma Fraticelli non è solo la maschera di Zì Carminuccio. Da circa settant’anni, infatti, è “voce di popolo” con la sua straordinaria capacità di stare dalla parte di tutti, di elevare gli umili a protagonisti, di farsi cantore del dolore, della gioia, della quotidianità. Mons. Bruno Forte – nella presentazione – ha definito Fraticelli «Artista degli umili, Poeta di Dio: sospeso fra prossimità e trascendenza, fra la larghezza di umanità del suo cuore e lo slancio dell’adorazione e della fede che invoca».

 

Un percorso di poesia e di fede che lo ha portato a tradurre, in versi dialettali, prima le pagine del Vangelo che raccontano della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore e, successivamente, quelle dedicate alla Madonna. Si è anche occupato di numerosi aspetti legati alla tradizione popolare della regione. Ha pubblicato, tra l’altro, La cucina de mamme, Giorni di festa e dintorni e Lu lópe (rappresentazione del miracolo di San Domenico a Pretoro). Fraticelli ha tradotto “pagine scelte” della Figlia di Iorio di d’Annunzio, in occasione del centenario dell’opera: lettura messa in scena la sera del 3 maggio 2004 al teatro Marrucino di Chieti.

 

Cinque anni dopo il Marrucino si appresta ad accogliere nuovamente il poeta in una serata a lui dedicata. Il pomeriggio del 6 aprile, sul palcoscenico del teatro ove aveva debuttato nel luglio del 1944, il cantore della gente d’Abruzzo racconterà in poesia le tappe di una straordinaria carriera.

 

 
 
Fraticelli con Giovanni Paolo II
 
     
 

Artista degli umili e poeta di Dio, lo ha definito nella presentazione l’arcivescovo di Chieti, Bruno Forte. Secondo il teologo «Raffaele Fraticelli è uomo profondamente religioso, innamorato di Dio, perfino contemplativo e adorante davanti alla Sua tenerezza ed alla Sua fedeltà.

 

Il suo canto è preghiera, come quando narra del Venerdì Santo di Chieti, o come quando traduce il Vangelo in dialetto, facendone gustare la prossimità alla vita di tutti i giorni, alle situazioni reali, alle speranze e ai dolori. Il suo narrare è testimonianza, come quando la storia del lupo di Pretoro e del bambino salvato o quella di santa Margherita a Villamagna celebrano l’ingresso del meraviglioso di Dio nell’ordinaria vicenda degli uomini». Un percorso di poesia e di fede iniziato all’età di sedici anni quando compose Arrete a lu campo che trova ispirazione dalla passeggiata lungo la circonvallazione teatina, nei pressi dell’attuale Museo archeologico della Civitella.

 
     
 

Fraticelli si è fatto cantore degli umili, trattati con un altissimo senso di dignità. Nel libriccino Paradise piccirille raccoglie le voci di quella povera gente e le riascolta per poterne meglio capire l’enorme ricchezza interiore. Ma personaggi emblematici del suo mondo e del suo modo d’intendere la storia sono anche L’uomo dal fiore in bocca, trasposizione del testo pirandelliano, Carmenelle de lu vente e lo stesso Zì Carminucce, diviso tra mondi che deve condividere, ma che non gli appartengono del tutto.

 

Percorso di poesia e di fede, si diceva, che lo ha portato a tradurre in dialetto abruzzese, in più edizioni, i passi del Vangelo, senza alterarne la sostanza e rendendo più immediata la lettura di quelle pagine. Fraticelli, che ha scritto per arcivescovi e papi, ha avuto forse la sua maggiore gratificazione il 29 ottobre 1983 quando, a Roma, nella Sala Nervi, in udienza papale riservata a oltre diecimila pellegrini provenienti dalla diocesi di Chieti e Vasto, Giovanni Paolo II, poggiandogli le mani sulle spalle, lo salutò chiamandolo “Poeta”.
 

 
     
 

Fraticelli ha dato voce ad alcune edizioni del miracolo di Santa Margherita, a Villamagna, e del presepe vivente di Rivisondoli. Ma, soprattutto, dal 1964, commenta a Pretoro, ogni prima domenica di maggio, la leggenda del lupo che aveva rapito un neonato, e che, grazie all’intervento di San Domenico, lo aveva successivamente riportato ai genitori. Fraticelli ha scritto il soggetto della storia, fino ad allora tramandatasi oralmente, conservando gli elementi essenziali della tradizione e creando, come molti critici hanno rilevato, una vera e propria lauda.

 

Inevitabile è stato l’incontro con Gabriele d’Annunzio. Dopo aver pubblicato, nel 1988, Tra lume e lustre, dove si è occupato degli artisti del cenacolo francavillese, nel 2004 ha tradotto “pagine scelte” della Figlia di Iorio. La sera del 3 maggio, il sipario del Marrucino di Chieti si aprì alla nuova traduzione abruzzese della tragedia, con Fraticelli a recitare la parte di Lazaro. Per un dramma senza tempo, come lo aveva concepito l’autore, anche gli ottant’anni di Fraticelli parevano aver assunto una dimensione quasi metafisica, soprattutto nel dialogo con il figlio Aligi quando Lazaro gli impone la sua supremazia di padre-padrone.
 

 
 
Fraticelli, secondo da destra, durante una trasmissione di radio Rai
 
 
 

Ma Lulluccio, come confidenzialmente è chiamato, non è soltanto poeta. Il libro (che uscirà con un CD di brani recitati dall’autore) mette in luce, infatti, la sua attività di grafico, disegnatore e restauratore, ricordandone la partecipazione a programmi televisivi della Rai, e l’incisione, come voce solista, del brano Lu Sant’Antonie, con la corale “Verdi” di Teramo. E ne ripercorre, da ultimo, la copiosa bibliografia, frutto di una straordinaria carriera.

 
 
Fraticelli, primo a destra, durante una trasmissione di radioRai
 
 
 
 

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