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VINCENZO IRELLI Breve cronaca dei miglioramenti edilizii, igienici, e commerciali succedutisi nella Città di Teramo nel percorso del secolo che volge, narrata dal Senatore Irelli. Teramo, Stab. Tip. Q. Scalpelli e figlia, 1890; pubblicato già in Corriere abruzzese |
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Lo scorcio del secolo passato ci lasciava appena un simulacro di via mulattiera svolta con maestria ed imbrecciata, nella salita della prospiciente collina Appennino, dovuta alle cure dell' ottimo cittadino Gianfilippo Delfico seniore, dietro progetto di quello Ingegnere che iniziava il palazzo Delfico, e che dava il primo assetto architettonico, sebbene barocco alle due case Bibbi, oggi Palma; e de Cecco oggi Cerulli ‑ Lucidi. Quasi in pari tempo il vescovo Pirelli fece costruire quelle case attorno alla Cattedrale, riducendole da scomposti casaleni ad architettura modesta ma uniforme in tutto il lato occidentale della piazza, allora nomata dell' olmo, più tardi piazza grande. Fuori S. Giorgio il cittadino di grata rìcordanza Gianfrancesco Thaulero seniore impiantava e curava un viale ombroso con olmi, e fu questo un refrigerio ed un piacevole ritrovo per molti anni, fino a che non fu capovolto dall'interramento di tutte le fossate che circuivano Teramo. La nostra città non aveva nessuna strada rotabile, e perciò rinchiusa fra i due torrenti tanto bellamente ricordata da una poesia d' illustre poeta, “Tra Vezzola e Tordin cheta riposa.” Con qualche rozza carozza, in raro caso si percorreva una via carrese appena tracciata su terreni più o meno in pendio. Per giungere a Giulia si impiegava uno o due giorni con rinfreschi a Ripattone o Roano. Nello scorcio del 1814, mentre compivasi la catastrofe dell'impero Napoleonico, Giovacchino Murat reduce dagli ultimi fatti darmi in Tolentino e Macerata, prendeva riposo in Giulia. Il Municipio di Teramo delegava il sindaco Sig. Serafino Giordani, ed altri cittadini, i quali andarono ad ossequiarlo. I destini di questo infelice Sovrano ancora pendevano incerti a Parigi ed a Vienna. Quel nostro Sindaco profittò di tale intervista, per chiedere ed ottenere un real decreto per la costruzione della via rotabile tra Giulia e Teramo. Concessione facilitata dal turbine politico, che travolgeva sovrani e popoli in quell'epoca fatale. Fu premura cittadina in Teramo mettere in atto tale real decreto il quale trovato legittimo nella susseguita restaurazione dei Borboni obbligati dal trattato di Vienna a rispettare i fatti compiuti, l'illustre nostro concittadino Carlo Forti, ingegnere capo nella provincia, ne designava la percorrenza e l'andamento. Ne fu aperto il primo tratto incassato fuori porta Madonna, con offerte cittadine onde dar pane e lavoro a quei poveri scampati dal flagello di epidemia e carestia del 1817. Con poco divario di tempo 1818 fu iniziato il tratto nella pianura tra Viziola e il fosso di Cartecchio, e per tale strada di lunghezza circa 30 chilometri, ad essere ultimata anche col monumentale ponte sul Viziola e con l'altro anche vistoso ponte del Fiumicino, furono impiegati oltre 40 anni, sempre per le meschine risorse dei fondi addetti per la costruzione di essa strada. Il governo Borbonico soleva credere saggezza governativa quella di meno imporre di tributi ai suoi sudditi. La strada così detta del corso da porta Madonna a porta S. Giorgio era un prosieguo di brutture e luridumi. Primo a scomparirne nei primi anni del volgente secolo fu il carcere sito, dove ora trovasi parte della casa Savini. Fu miglioramento igienico di gran rilievo. Con una porta da meschina Città sino a tutto il largo S. Francesco si aveva una strada abbastanza larga ma alla metà della casa Urbani nel lato settentrionale essa sporgeva fuori tanto che una finestra era prospiciente a levante, in modo da restringere il passaggio tra la casa Urbani uscente e l'antica farmacia Quartapelle oggi negozio Paradisi, che appena si prestava al traffico di una carrozza e proseguiva così angusta sino al caseggiato Castelli. Nel quinquennio così detto dal 1815 al 1820 capitava qui per Intendente un tal Guarini, il quale per quanto attagliato al dispotismo governativo, altrettanto zelante per immegliamenti edilizi e di viabilità. Nella breve permanenza di costui nella provincia, promosse l'allargamento dì quel tratto di strada così detta Corso Fu la casa Urbani portata ad una sola continuità di linea diroccandone un buon terzo, fu occupata metà circa di una casipola Savini e quindi alcune casipole dei Sigg. Muzi, dove in prosieguo edificarono la palazzina in linea della casa Castelli come oggi rattrovasi. Ai Sigg. Savini per quella concessione fu data facoltà di costruire nel viottolo interposto fra la loro casa d'abitazione e quelle prospicienti al largo S. Francesco, l' arco di congiunzione come ora si vede. Durante il quinquennio succitato si ultimava il fabbricato del carcere nel soppeesso convento degli Agostiniani, e si riduceva per convitto nazionale e correlativo ginnasio l'ex monastero di S. Matteo. Questo fabbricato sebbene lasciasse molto a desiderare pure fu altro immegliamento alla strada del corso a S. Giorgio. In questo periodo di tempo tristo per fallite aspirazioni a libertà ed indipendenza nazionale, intramezzato da carestia per i mancati raccolti del 1816, impestato da epidemia di tifo nel 1817, non soccorso per ignavia di governo, le popolazioni si concentravano nelle proprie aziende e quindi molte famiglie iniziarono, chi il miglioramento e chi lo impianto delle rispettive abitazioni. Savini Cerulli, Moschioni, Porta, Sbraccia, Muzii, Bonolis ed altri minori diedero spinta al miglioramento edilizio della città e lavoro alle classi operaie. Fu sventura non essere appresi i suggerimenti dell'illustre Carlo Forti mercè i quali si sarebbero osservate nelle nuove costruzioni le regole di buona architettura. Altri proprietarii più tardi ne seguirono l' esempio e sorsero quelle abitazioni di altri cittadini agiati Trippoti, Marcozzí, Cerroni, Ciotti, Ponno, Irelli, Ferraioli Gasperi. ed altri molti, i quali se non altro diminuirono le brutture delle sporgenti rozze trasanne, dei balconi in legno ed altre anticaglie di meschinità e bruttura. In questo frattempo su per giù fu costruito il tradizionale ponte a catene sul Tordino, ripiego esprimente la pochezza di pubbliche risorse per farlo in fabrica. Esso è quello che ancora esiste rattoppato più volte a mostrare la differenza del viver civile di quell'epoca dall'attuale. Altro immegliamento marcato avvenne in città allorchè nel 1823 si basolava sebbene con piccoli ciottoli, la strada di Porta Romana. Essa non aveva uscita che per dirupi. Non aveva regolare scolo di acque, ma di più vi si riversavano quelle delle strade soprastanti, nelle giornale di pioggia. A doppia pendenza sotto la casa Santanghè vedevasi un ristagno di acque inverdite che infettavano quell'angolo della città. In quell'epoca dal 1824 al 1840 si avverarono molti immegliamenti edilizi ed igienici. Il palazzo di Prefettura iniziato, dopo 12 anni ultimato nel 1836 decorò la strada S. Giorgio, ma più che altro giovò alla parte igienica della città per essersi inclusa in quella costruzione la cloaca dallo stesso palazzo a S. Giuseppe fuori le mura. Nella via S. Giorgio la casa Thaulero sporgeva in parte dal rettilineo con portici rozzi e lordi, altrettanto la casa. allora Cichetti e Sehips in prosieguo. Si immagini ognuno con sguardo retrospettivo l enorme bruttura. L' illustre concittadino Melchiorre Delfico ritiratosi in famiglia per le sconvolte vicende politiche, prendeva impegno di far scomparire quei portici. Egli comprò la casa Cichetti, ne abbattè il prospiciente porticato, riedificò a tre piani quel caseggiato, il tutto a sue proprie spese. Doverono imitarlo i Sigg. Thaulero e Schips ma costoro ne furono compensati dal Municipio. Così la strada S. Giorgio ebbe incremento di bello assetto nel lato di mezzogiorno. Nello scorcio del 1828 al 29 queltristo Proc. Generale Villani il quale aveva rovinato tante famiglie con gli immaginari processi politici del 1828, credè riamicarsi la popolazione teramana col promuovere un arduo pubblico lavoro per lo slargamento e riabbassamento di una strada esterna lungo gli orti De Rospi e dei Capuccini, in modo da ricongiungersi con sopportabile pendio la strada interna di Porta Romana. Un capitano ritirato Sig. Giuseppe Montori nostro concittadino ne sostenne le cure di accudimento. Tutti i ricchi del Teramano nonchè della provincia furono dal Villani requisiti per sopportarne la spesa. Tempo prima circa il 1826 era stato aperto il tronco di strada a rettifilo con il Corso interno fuori S. Giorgio, e si limitava al solo piano ed al lato di mezzogiorno si installò l'orto sperimentale della società economica con bella siepe e con riparto di culture da abbellirne quella località. Vi si costrusse una casa per uso della prelodata società. L' Intendente Pallamolla succeduto al Tomacelli volle prolungarla sempre a rettifilo sino allo incontro del fiume, e con ingenti, spese si protrasse, finchè il nominato Intendente ne procurava coi suoi poteri larghe risorse. Più tardi assuntone il carico dalla Provincia, come faciente parte della via rotabile per Ascoli, se ne consoliderà ad ogni costo la costruzione. Dal taglio della collina verso settentrione pel cennato prosieguo del rettifilo, venne di conseguenza il deviamento nel sottostrato di argilla delle sorgive di acqua potabile che forniva la fontana a S. Giorgio; inconveniente preveduto ed avvertito dall'Egr. non mai abbastanza lodato Ing. Carlo Forti. Appena si metteva piede fuori l'ambito dell' abitato, abbattuto il rudero dell'antica Porta S. Giorgio, si incontrava la chiesuola, con l'eremitaggio della Madonna degli Angeli che si frapponeva colla sua sporgenza alla libera visuale del viale sopraccennato già aperto al rettifilo. Rozzo intoppo a regolarizzare quello spianato Fu proposto di abbatterlo, e fu abbattuto con spesa non meschina con fondi e forte proposito dell' Intendente Pallamolla, in quel momento rivestito di poteri straordinari per gli allarmi del colera. Fu necessità per transazione con la curia ristaurare e riaprire al culto la chiesa di S. Matteo in sostituzione di quella soppressa della Madonna degli Angioli. Col prosieguo del rettifilo del sopradescritto viale, e con l’ agguagliamento al suolo della precennata chiesuola ed eremitaggio il precitato Comm. Pallamolla apriva una serie di miglioramenti da lui vagheggiati e sostenuti con mezzi fornitigli dalla strapotenza di quella carica. Prelevamenti alla cassa provinciale, taglie agli appaltatori, e fornitori di imprese regie e provinciali, uso dei carcerati per mano d' opera, concorso talvolta opportunamente forzoso di cittadini, e per poca parte del Municipio circoscritto allora ad un bilancio di non oltre L. 20.000, fecero compire le opere sudescritte e molte altre delle quali si darà un breve cenno. È gloria cittadina rammentare che nel 1833 si inaugurava la fondazione del ponte sul Viziola con discorso inaugurale del supremo cittadino Melchiorre Delfico. Fu questa la prima opera che compita ha dato a Teramo il dritto di additarsi città. L'apparizione in Europa del morbo asiatico, mise in allarme tutti i gorverni. Quello del Borbone per Napoli e Sicilia, emanò energiche disposizioni per prevenire tanta sciagura. Tutti gli Intendenti ebbero ordini severissimi per provvedere alla pubblica igiene, furono istallate commissioni provinciali, le quali suggerir doveano la sparizione di tante lordure, nonchè provvedere a tante miserie. Il sullodato Comm. Pallamolla rafforzato da quei cittadini prescelti alla precennata cornrnissione fu solerte e vigile esecutore, tanto più perchè investito di poteri straordinari. Lo scrivente, il più giovane di quanti altri gli furono colleghi nelle distinte persone di Giammichele Thaulero, Giovanni Marcozzi, Bartolorneo Cichetti, Pasquale Mancini, Giuseppe Montori, Giovanni Ciotti, Rocco Rubini, può narrare a quanti sconci si dové mettere argine nella nostra città. Molti letti e biancherie furono dispensati alle famiglie povere; furono rivestiti e disciplinati al lavoro oltre 40 ragazzi usi al mal fare, abbandonati a loro stessi, e molti anche privi di genitori. Ma tutto ciò non bastava alle necessitose urgenze igieniche. Acquedotti, fogne, ripulitura di case, lavori pubblici per dar pane ai braccianti, livellazione di strade interne, severità di sorveglianza anche nello interno delle famiglie le quali di sozzura avevan fatto abitudine. Scomparvero infatti tante brutture che sarebbe rincrescevole descrivere. L' allevamento degli animali suini fu sottoposto a restrizioni ed osservanze tanto difficoltose da indurre i più a disfarsene. Dopo poco tempo scomparve in tutto e fu proibito perchè non si potesse rinnovere. Per tante svariate misure igieniche la città in genere prese aspetto più civile. La spazzatura obbligatoria delle pubbliche vie nettate da sudici ingombri, noti più soggette al gitto delle acque immonde delle laterali abitazioni, fu curata con straordinario rigore. Il civico ospedale di S. Antonio fu provvisto di due nuovi cameroni, si sorvegliò con solerzia la buona tenuta del baliatico annessovi e la cura dei malati che, sebben pochi, vi erano ricoverati. Quanto fosse poco l' operato per questo pio stabilimento lo mostrerà quanto si operò nel tempo susseguito all' epoca di cui è menzione. Sopravvenne la sciagura della rivolta di Città di Penne; l' Intendente Paliamolla destinato ad altro ufficio, mancò la spinta del ben fare, sino a che mandato a reggere la provincia il Marchese Spaccaforno, fossero proseguiti altri miglioramenti edilizi ed igienici. Primo a notare quale grande efriciente igienico, si fu la istituzione del Camposanto, il quale dopo tanti civici dibattimenti veniva collocato dove pur oggi rattrovasi con modesta architettura della Chiesuola, Cappelle e casa di custodia. Fu anche progresso di civiltà cittadina l' essersi allogata la prefettura nel nuovo palazzo. La strada circonvallante la città nel lato di borea dal largo S. Giorgio al ponte Viziola fu opera di nettezza e di ornarnento dovuta alle premure energiche del soprannornato Intendente, sorretto dalla operosità dell' egregio cittadino Sig. Domenico Cappellieri. Essa veniva aperta sul suolo che occupavano i disfatti ruderi delle mura della città, e coi due pomeri interno ed esterno. La spesa fu grave per lo disfacimento di mura larghe oltre un metro, impietrite dal tempo e dalla umidità, e più ancora per gli interramenti e sterramenti, onde ne risultasse un livello per ruota ed un' ampiezza di via da passeggio. Tutte quelle abitazioni ivi prospicienti se ne avvantaggiarono, ed in ispecial modo l’Ospedale. Fu pure durante la permanenza del sopralodato Intendente che si accalorò e si portò a termine la proposta del nuovo teatro; egualmente della strada rotabile da Teramo a Montorio, per la quale più tardi furono cinque cittadini, i quali per togliere ogni ostacolo che vi si frapponeva, ne assunsero a loro conto e rischio la costruzione del primo tronco. Oh! quanto facile era allora sebbene in tempo di dispotismo governativo, intendersi pel bene del paese nativo. Il prelodato Intendente fece impiantare l'arco a porta Madonna. Tutte le spese per la descritta strada e per l’ arco sopracitato furono tutti a carico dei fondi segreti di quell' autorità, che si chiamava Intendente in cui si compendiava tutto il dispotismo governativo in ciascuna provincia. In quell'epoca il rimpianto ottimo cittadino Pancrazio Palma amministratore di un simulacro di orfanotrofio femminile ne ampliò la località con l'acquisto di due casipole dove potè iniziare un fabbricato atto e confacente a quel pio stabilimento. Più tardi nel 1844 furono invitate a reggerlo le suore della Carità. In questo frattempo sopraggiunse a fornirlo di mezzi pecuniarii il lascito della rimpianta Sig. Maria Morganti. Compiuta come sopra si è riferito la strada circonvallante dal lato boreale sopravvenne l'ansietà di fare altrettanto dalla parte di mezzogiorno. Funzionando da Intendente dopo la traslocazione di Spaccaforno il Sig. Onofrii nel 1844, anno di scarso raccolto, sorse la necessità aprire qualche lavoro dove ogni età, ogni sesso potesse lucrar pane giornaliero. Si risolse fare il primo tronco di quella desiata strada da Porta Madonna al Carmine e furon combattute e superate molte difficoltà per la caserma della Gendarmeria in allora più che prepotente, per avere sul pubblico suolo impiantato le latrine di quella caserma. Comunque si compiva questo primo tratto che qualche anno dopo veniva rincontrato con l'altro iniziato sotto la protezione sempre necessitosa dello Intendente Valia da Porta Romana verso S. Giuseppe. Sebbene interrotto dagli avvenimenti politici del 1848, fu giocoforza anche alle amministrazioni Comunali e provinciali della susseguita epoca reazionaria, sopprimente ogni buona aspirazione, proseguirla ed ultimarla, ma a spese, se non a cura del Municipio. Nel frattempo del governo dello Intendente Valia fu aperto al pubblico commercio il ponte sul Viziola con pubbliche feste e con discorsi inaugurali di alcuno, al quale era permesso in quei tempi parlare al pubblico. Era stato come si è cennato impiantato l'arco a Porta Madonna nel mezzo dello stradale interno, come ancor si vede ed era stato previsto e premurato l'abbattimento dei due luridi e goffi porticati attaccati alle case Cesi e Della Cananea. A spese del municipio furono infatti diroccati, e grande miglioramento ne risultò a quel tratto del Corso da Porta Madonna a Casa Savini. Spiace ricordare che pettegolezzi non fecero avverare lo slargamento iniziato dal Sig. Francesco Cerulli allorchè impiantava la sua palazzina nella strada del Trivio. Tutto quel lato curvalineo ritirato indietro con modifica alle casipole Savini, con botteghe di fabbro ferraio, di ligaturia di libri, bottiguzza Cerulli, farmacia Ruggieri, e casa allora della Cattedrale. avrebbero almeno migliorato quel tratto di strada il più angusto allora, ed anche ora innanzi il caseggiato Castelli. Povero trivio, dannato a rimanere una bruttura dei paese, sebbene i due più ricchi proprietari fossero padroni di tutta la linea a Mezzogiorno. Un fantastico progetto, sebbene di forte ingegno si provò a proporne il tramutamento ma era al di sopra delle forze cittadine, e quindi rimase nell' oblio. Si chiude con le descritte opere L’era del poco bene framischiato a sopportabile male. Si apre dal 1849 un decennio di tutto male. L'ipocrita Intendente Santo Roberti, d'infelice ricordanza. Un empia magistratura gittarono il paese in lutti e scompiglio. Compiuto finalmente nel 1860 il sospirato e cospirato risorgimento nazionale, non poteva farsi sosta agli immegliamenti civici anzi doveva darsene spinta. Intanto finiva la iniziativa degli Intendenti pro tempore, il loro protezionismo pecuniario poggiato sulla libertà di azione dispotica in provincia, e che essi riversavano per loro compito e per loro orgoglio in questo Capoluogo, e venivano i Sindaci con crescenti bisogni di pobblica sicurezza di pubblico ornato e nettezza, culla necessità di impinguare il bilancio con nuovi balzelli. Nei cinque sindacati dal 1860 al 1890 cioè in un trentennio i sindaci pro tempore curarono le qui sottoscritte opere quali compiute, quali iniziate, e dallo insieme dovrà rendersi giustizia ai metodi amministrativi tenuti da ciascuno. Se il Municipio ha contratto debiti non sono mai superiori al patrimonio, che ora ha e che prima non aveva, e molto meno ai capitali fruttiferi che ne sono risultati oltre al decoro di un Capoluogo di Provincia che doveva pareggiare in ogni perfezionamento edilizio, igienico, commerciale, non più le sole città delle Provincie Meridionali ma quelle che più progredite nella Media e nell'Alta Italia, venivano ad entrare nei nostri rapporti e nel nostro traffico. Lo spianato fuori Porta Madonna, sgombrato dai secolari olivi livellato impiantatene le vie di intersecamento con alberi ornamentali ed in prosieguo la demolizione delle due chiesuole ed eremitaggi che ne ingombravano la superficie, formarono un ingresso vistoso in Città da quella parte. La livellazione e ripulitura della piazza grande con l’ interramento di tutte le molte fosse da grano, la livellazione dell' altro piazzale alla cittadella, l’ abbassamento di suolo alla piazza del mercato con il disterro del portico del palazzo vescovile e rispettive botteghe, la cloaca che ne conduce le acque piovane al Tordino per S. Giuseppe, l'allargamento della strada cosi detta dell'anfiteatro; l'allargamento e lo abbassamento dell'altra via così detta di Ciotti, coi rispettivi nuovi basolati, il complemento del palazzo Municipale, in prosieguo la costruzione del palazzo per la Banca Nazionale, la demolizione di luride casipole, che ingombravano buona parte e più ancora la comunicazione delle due piazze, la livellazione delle due strade al Mezzogiorno l’ una, a Settentríone l'altra dell'episcopio, l’ abbattimento dei sozzi portici De Rospis, sono tutti fatti compiuti con gravi spese, ma che resero Città questa contrada. La compra ed il frazionamento dell' orto de Rospis, il basolamento e conduttura d'acqua nella lunga via da S. Giorgio al teatro vecchio per casa Marozzi, la soppressione della chiesuola di S. Lucia, la ripresa dei lavori del Teatro nuovo, pochi anni dopo ultimato ed aperto con dignitoso spettacolo, diedero più tardi con la chiusura del convento dei Capuccini a tutta quella contrada un'organizzazione di strade e fabbricati che ne fecero una nuova bella parte della città. Seguendo l'adagio che da cosa nasce cosa; dai descritti miglioramenti ne sopravvennero l’orfanotrofio femminile, migliorato nella parte igienica ed architettonica, con grave stipendio però. e con molto impegno del Municipio; il vistoso palazzo per la scuola normale femminile e più ancora il trentennio, nel quale ci siarno circoscritti, ha creato i pubblici giardini i quali hanno segnato il tipo di vero progresso civile nella nostra città. Non vengano i miserabili pigmei ristagnatori di ogni bel fare a rimpiangerne le spese Lo sbocco al nuovo piazzale delle vie rotabili Ascoli ‑ Teramo Aquila ‑ Teramo, Bosco Martese ‑ Teramo accrescono a questa bella contrada lo spirito vivificatore del commercio. La strada dal Corso ‑S. Giorgio alla Intendenza vecchia fu livellata e ribasolata e messa di più in accordo con quelle intersecantivisi dallo esterno della città. La strada del vecchio Teatro Corradi ed il corso di Porta Romana furon portate a più comodo livello, e meglio basolate. Più tardi ancora, sempre fra il segnato periodo, la strada Cerroni con tutta la lunga via sino a casa Palombieri furono sconvolte per nuova livellazione. Egualmente dal Trivio a Porta Viziola. Fatto più culminante, più dispendioso, e più necessitoso fu alle amministrazioni che percorsero il designato trentennio, promuovere ed attuare l’ illuminazione della Città. Fu prescelta l’ illuminazione a petrolio, ed opportunamente reiettata in prosieguo quella a gas; auguriamoci il continuato progresso della scienza per vedere fra non molto tempo, sostituita l'illuminazione a petrolio colla luce elettrica. E tutto ciò a volo d'uccello per quanto riguarda la parte edilizia, ed igienica. Aggiungeremo un rapido sguardo retrospettivo a quant' altro volle e seppe il Municipio Teramano concorrere, con grave dispendio per sostenere la gravità dei tempi, la civiltà crescente. Impianto di nuovi ordini governativi, recò dispendio, la sola organizzazione della Guardia Nazionale fu causa di molte spese. Corpo di Guardia, servizio disciplinare ed altro ne furono gli esiti. Asserragliare gl'ingressi in Città per difendersi dai briganti, fu anche esito necessitoso. Lo impianto della Corte d' Assise ed altre branche del ramo giudiziario dal 60 all' 88, sinchè non fu completato di tutto punto il palazzo di Giustizia, immerse il Municipio in gravissimi dispendi. Questo solo palazzo giustifica l'Amministrazione che ne curò lo impianto e il compimento, dalle equivoche ínsinuazioni, che si sono volute tesservi intorno. Il risultato redditizio ed ornamentale stanno a salda prova dei ben fatto. La succursale della Banca Nazionale fu richiesta dal movimento commerciale mondiale, e Teramo non fu tardiva ad ottenerla. Il Municipio dovè addossarne la spesa dei locali e del mobilio. Il palazzo all'uopo costruito costò molte dicine di migliaia di lire. Le scuole elementari cittadine e rurali, l’asilo infantile, le scuole tecniche, la scuola di arti e mestieri; l’ Istituto Tecnico, richiesero cure, e dispendio dell'Amministrazione Municipale. Il distretto militare ebbe il richiesto concorso del Municipio per l'assetto dei suoi locali, e per non entrare in fatti personali, si evita di narrare su questo proposito un ripiego amministrativo il quale recò economia di molte migliaia di lire, alla Cassa Municipale. Lo impianto del servizio daziario fu pure occasione di gravi dispendi. Se ne doveva fornire la caserma, e fu fornita coll'acquisto della casa Gaspari. Si costruirono le strade Comunali, di Forcella, Frondarola Valle S. Giovanni, trasitante per parte di suolo del Municipio Teramano Colle Atterrato, Colle Minuccio, Villa S. Maria, Miano, Poggiocono. Queste tre ultime con gravi dispendi, ed imbarazzi, dell' Amministrazione Municipale. I conati fatti per iniziare una strada ferrata da Teramo a Giulia si spinsero tanto da ordinarne il progetto d'arte, ne fu chiamato l’ Ing. Maraini,. il quale bene o male lo completava, e sebbene non approvato dal Ministero fu però spinta efficace perchè il Governo vi si ripiegasse e ne facesse eseguire la costruzione per suo conto: Dallo stesso Sig. Maraini uomo di elevata mente, fu fatto eseguire un progetto di irrigazione per mezzo delle acque del Tordino con un corrispettivo di acque potabili: Gravi dispendi ne sopportò il Municipio. L'apertura della strada ferrata doveva essere festeggiata; come gran beneficio ottenuto. Le feste ed i ricevimenti di illustri personaggi, dovevano essere solenni e non taccagni, e seppe il Municipio rendersi superiore alle strettezze del suo bilancio. Basta solo rammentare che il nostro teatro ebbe il celebre cantante Masini, e che la città nelle principali vie fu quasi tutta ripulita ed abbellita. A promuovere miglioramenti agricoli e manifatturieri si volle una mostra regionale; riuscì dignitosa ed espansiva. Il Municipio ebbe a subirne molte spese dirette ed indirette. L' acqua potabile è stato desiderio imposto da necessità nella nostra città. Se ne fecero accurati studi e vogliamo augurare all'attuale Amministrazione Municipale che possa conseguire l'esaurimento di tanto bisogno. Il basolato per il Corso e la demolizione dei Portici Pompetti e Di Francesco segna un ansia cittadina. Sinceri augurii agli att~!ali amministratori poterne districare il nodo Gordiano. Lungo la strada del Trivio trovasi iniziato un minuscolo miglioramento nella casa de Petris, a Porta Viziola altro in prossimità dell'ospedale. Vogliano gli attuali solerti amministratori portarli a termine: I camposanti nelle Ville trovarsi in parte compiuti. Dalla descrizione raggruppata di quanto si è operato dagli amministratori municipali pro tempore dal 1860 al 1889 risulta che il Municipio si è costituito un patrimonio vistoso, redditizio, ornamentale, igienico, da bene equiparare, anzi da superare i debiti consolidati che ne fanno riscontro: Questi però scompariranno, col beneficio delle graduate amortizzazioni, rafforzate dalle stesse rendite delle risultate proprietà, ed il patrimonio costituito sarà perpetuo. Ma è pur dovere elencare fra i beneficii ottenuti nel precitato trentennio, le istituzioni di credito, create e regolarizzate in tal periodo, con gravi cure, e solerte vigilanza; in buona parte, dell'Amministrazione Municipale: La Banca Mutua Popolare, la Cassa di Risparmio, la Banca Agricola non rafforzarono il commercio in questa nostra contrada ? Per non parlare di cose le quali sono attualità, viste ed ammirate da tutta la cittadinanza, non si comprende nella cronaca già narrata quanto in una branca della Municipale Amministrazione si avverava dal 1860 ad oggi dico nelle dipendenze tutte della congregazione di carità. Un prudente, saggio conservatore ne fu il primo presidente. Un ardito iniziatore ne slargava la base di operazione e preparava quanto oggi si vede, nella di cui ampiezza scompare e si annulla quel pochissimo che si ereditava dai tempi precedenti al 1860. La narrazione alla buona e senza partigiani entusiasmi, da infine al narratore il coraggio di interessare gli attuali amministratori a proseguire quanto, di bene siasi iniziato, e temperare con calma, quello che credessero inopportuno, ed attendere anche essi dal tempo quel giudizio severo che i popoli retti a libertà soglion dare a quanti assumono la responsabilità delle loro aziende. Teramo 25 Aprile 1890 |