delfico punto it - l'abruzzo e l'abruzzesistica - storia, bibliografia, fotografie, documenti - a cura di fausto eugeni
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Fausto Eugeni, Studi e
pubblicazioni sulla stampa periodica abruzzese:
in: Per una storia d'Abruzzo del XX
secolo, Atti del Convegno su Francesco Savini, |
- Presentazione - Bibliografia - Indice |
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Studiare i periodici: preparare il terreno |
Da anni ormai in Abruzzo si riserva un impegno tutto particolare al recupero, alla tutela e alla valorizzazione della stampa periodica regionale, un settore dalla tradizione antica e prestigiosa che da sempre ha incontrato il favore e l’interesse degli studiosi. Un primo tentativo, per quanto mi risulta, di delineare una storia della stampa, sia pure relativamente a una ben determinata area geografica, fu realizzato negli anni Cinquanta da Alberto Scarselli, giornalista professionista, poi archivista di Stato e scrittore di memorie locali. Negli ultimi tempi della sua vita, tra il 1956 e il 1958 (anno della morte), Scarselli pubblicò a puntate, sul Giornale d’Abruzzo, una sua storia del giornalismo teramano: si trattava più che altro di un lungo racconto-testimonianza, incentrato su fatti dei quali era stato spettatore o protagonista diretto mentre per quelli più indietro nel tempo si era avvalso dei racconti del padre, il deputato radicale Crescenzio Scarselli che, a sua volta era stato fondatore e direttore de "La Vedetta" (il giornale reso celebre da Pasquale Celommi che lo immortalò in un suo notissimo quadro, raffigurandolo nelle mani del vecchio “operaio politico” intento alla lettura). Evento decisivo per la storia dei periodici abruzzesi fu la pubblicazione del Catalogo dei periodici abruzzesi posseduti dalla biblioteca De Meis di Chieti (Chieti, 1971) redatto da Ugo De Luca e Mario Zuccarini che, sulla base di schede informative semplici ed efficaci e di una ricca indicizzazione, riuscirono a valorizzare al meglio il patrimonio conservato nell’emeroteca chietina, proponendo agli studiosi un nuovo e praticamente inesplorato territorio d’indagine. A partire da quel primo nucleo, che raccoglieva comunque diverse centinaia di titoli, e quasi rispondendo a uno schema preordinato, seguirono nel corso degli anni numerose iniziative di vario impegno e spessore che hanno portato alla realizzazione, "di fatto", di un censimento della stampa regionale con l’individuazione di circa 1400 titoli di periodici locali. Vanno quindi ricordati nell’ordine i volumi pubblicati da Walter Capezzali per L’Aquila (1976), da Dario D’Alessandro per Pescara (1980), da Luigi Braccili per la stampa clandestina e della resistenza (1981), da Pantaleo per Sulmona (1982), da Aldo Marroni per Giulianova (1984), da Vito Moretti per l’intera regione (1988), da Marcello Maranella per la stampa abruzzese del secondo dopoguerra (1989), da Luigi Ponziani per Teramo (1990), da Nadia Di Luzio per i giornali abruzzesi del triennio 1943-1945 (1994). Per il resto e anche negli anni successivi vanno registrate solo sporadiche e occasionali segnalazioni relative al reperimento di qualche nuovo titolo non segnalato nei cataloghi precedenti mentre va sottolineato che il lavoro di censimento non può assolutamente considerarsi concluso. Mentre dunque sembra necessario non abbandonare la ricerca per il recupero di quei titoli ancora sconosciuti, va decisamente affrontato il problema importantissimo del completamento delle collezioni a disposizione, molte delle quali sono assolutamente lacunose. In entrambe queste direzioni mi sembra che un contributo importante possa arrivare dagli Archivi di Stato abruzzesi che hanno biblioteche di storia locale di grande interesse e, nello stesso tempo, conservano all’interno dei fondi (ad es. nei fondi delle Prefetture) molti numeri riguardanti i periodici sottoposti a controllo o sequestrati o censurati, pezzi preziosi, difficilmente reperibili altrove. Qui bisogna ricordare anche che archivi privati e collezioni di giornalisti del passato, e forse proprio di alcuni tra i più importanti per la storia dell’Abruzzo, sono ancora conservati dagli eredi e che sarebbe particolarmente meritorio se qualche amministrazione riuscisse a recuperarli alla pubblica fruizione. Accanto al censimento dei titoli e al completamento delle collezioni va ricordato ancora un terzo obiettivo il cui raggiungimento è fondamentale ai fini della successiva valorizzazione dei periodici: quello di facilitare al massimo la reperibilità delle collezioni. In questo senso va segnalata la felicissima iniziativa della Biblioteche provinciali d’Abruzzo che hanno avviato un progetto di “emeroteca abruzzese in formato elettronico” destinato a comprendere l’intera produzione regionale e che, ci auguriamo, consenta anche il recupero di quanto esiste nelle biblioteche fuori regione. Presentato alla rassegna romana Bibliocom 2001 il progetto è attualmente in corso di realizzazione. Come i repertori che abbiamo citato, da De Luca-Zuccarini a Ponziani ci hanno ampiamente dimostrato è utilissimo che l’elencazione dei titoli sia accompagnata da schede informative e di lettura che contengono tutte quelle informazioni e valutazioni generali immediatamente ricavabili dall’esame diretto di un periodico: articolazione delle rubriche, le posizioni ufficiali assunte sui vari argomenti, eventuali campagne di stampa, numeri speciali e tutto quanto consenta al lettore di farsi un’idea consapevole del documento, decidendo quindi se procedere o no a un esame diretto. Ci sono però altre indagini preliminari e lavori di base da realizzare in via preventiva e per le quali non sempre è sufficiente una lettura di superficie. Un primo obiettivo, di natura strettamente bibliografica, deve mirare a una esatta ricostruzione delle redazioni anche attraverso il loro mutare nel tempo. Non sempre infatti è immediatamente individuabile “chi” scrive su un periodico, soprattutto per i giornali in senso stretto e soprattutto per quelli pubblicati nell’arco di tempo che va dall’unità d’Italia all’avvento del fascismo. È infatti molto frequente nei giornali di questo periodo che a causa dell’uso di firmare gli articoli con pseudonimi, il lettore moderno venga a trovarsi di fatto di fronte a “libri chiusi” che niente lasciano filtrare sulle persone che realmente componevano le redazioni. L’uso degli pseudonimi, dovuto in alcuni casi certamente a mascherare l'esiguo numero dei componenti di qualche redazione, rispondeva principalmente allo scopo di aggirare le severe e repressive leggi sulla stampa: lo pseudonimo infatti proteggeva lo scrittore mentre, all’occorrenza, le eventuali conseguenze penali degli scritti ricadevano sul gerente responsabile che normalmente era persona diversa dal direttore, scelta e pagata proprio a questo scopo. Nell’un caso e nell’altro il risultato è quello di trovarsi di fronte a una cortina impenetrabile che condiziona in modo determinante e rende parziale e provvisorio qualsiasi tentativo di lettura e di interpretazione del ruolo svolto da quel certo periodico. La definizione delle redazioni è tanto più importante in epoche nelle quali, in assenza dei partiti, gli schieramenti e l'alternarsi delle alleanze, spesso si determinavano proprio intorno a un giornale. Va tenuto conto inoltre che i gruppi redazionali non sono quasi mai statici ma, al contrario, risultano quanto mai dinamici con repentine uscite o conversioni. Una caso emblematico al quale vorrei fare riferimento è quello del giornale “Il Centrale”, fondato da Giovanni Fabbri nel 1898 e da lui diretto fino al 1939, pubblicato per alcuni anni sia in Teramo che in Ascoli Piceno. Una lettura approfondita di quel giornale consentì di svelare la vera identità dei principali giornalisti nascosti dagli pseudonimi, rivelando insospettate alleanze tra persone generalmente ritenute avversari irriducibili (cfr Eugeni, Il “Centrale” e i suoi collaboratori, 1992) e riconoscendo al suo direttore un ruolo molto diverso da quello che normalmente gli era stato attribuito. Si accertò così che Giovanni Fabbri, considerato e osannato dai fascisti come precursore e principale fiancheggiatore del loro movimento, ben oltre il 1925 apriva le sue pagine ad antifascisti di ogni colore, usando il proprio carisma personale per garantire a queste persone libertà di lavoro e di espressione. In relazione all'uso degli pseudonimi si può dire qualcosa a proposito della presenza femminile nelle redazioni giornalistiche, per gli anni tra Unità e fascismo, presenza sulla quale deve essere ancora fatta la dovuta chiarezza: si tenga presente infatti che le poche donne giornaliste di cui si ha notizia scrivevano in genere sotto pseudonimi maschili mentre molte delle firme femminili appartenevano in realtà a uomini (una delle firme più aggraziate che mi sia capitato di incontrare, Donatella Del Fiore - sul “Fuoco” di Giulianova, 1901-1903-, apparteneva al coriaceo Pasquale Cerulli Irelli che la usava a sigla della rubrica letteraria). Ma c’è dell’altro. Esiste infatti tutta una serie di dati e informazioni che riguardano la vita di un periodico e che definirei di natura bibliologica: si tratta normalmente di notizie ricavabili non solo dall’esame diretto di un giornale ma anche dalle più disparate fonti esterne: costi, finanziamenti, prezzi, rapporti con le tipografie, ubicazione e situazione delle sedi occupate, tirature, distribuzione, copie vendute, punti vendita, organizzazione dei venditori e degli strilloni, i sistemi di abbonamento, la struttura della pubblicità (con riguardo anche a tutta quella pubblicità indiretta e “sommersa” che veniva collocata ad arte all’interno delle cronache locali), gli stipendi e altre forma di pagamento ai giornalisti, il frequente esercizio da parte dei singoli redattori di attività di mediazione a mezzo del giornale stesso; in sostanza, tutto quello che riguarda la struttura organizzativa di un giornale e il suo funzionamento, con annesse le attività derivate e tenendo conto del fatto che ogni cambiamento organizzativo può essere significativo. L’elenco naturalmente potrebbe continuare e ciascuno potrà aggiungere secondo la natura della propria ricerca. Si tratta di un complesso di informazioni “di base” che contribuiscono in maniera determinante a definire l’identità di un periodico, fornendo elementi a tutto campo che consentono di meglio formulare ogni successiva valutazione. È vero che non sempre si tratta di notizie facili a reperirsi ma credo che si debba lavorare a fondo in questa direzione dal momento che basta scorrere gli argomenti appena elencati per renderci conto che si tratta di tutto un mondo sul quale conosciamo pochissimo. Per quanto riguarda i possibili studi sulla grafica dei periodici bisogna dire che anche qui le conoscenze sono minime: a partire dall’Album pittorico di Francesco Vicoli, stampato a Chieti nel 1859-60 (a imitazione di periodici nazionali come l’Omnibus e il Poliorama), si forma nel tempo una tradizione di grande pregio, con una sequenza di immagini e di fascicoli di straordinario impatto visivo ed eleganza. Tuttavia l’aspetto esteriore delle riviste, le illustrazioni, le copertine, la scelta dei caratteri, i fregi tipografici, sono tutte caratteristiche determinate spesso sulla falsa riga di modelli che assolutamente ignoriamo. Aspetto tutto particolare è rappresentato della caricatura, in relazione alla quale numerose iniziative sono state svolte ma molte sono ancora le indagini da mettere in cantiere: riconoscere i disegnatori, identificare i personaggi messi in caricatura, individuare i motivi della satira, realizzare i repertori. Su altro versante sono senz'altro ancora da indagare e precisare i tempi relativi al progressivo ingresso della fotografia nei periodici fino agli anni del fascismo che alle illustrazioni e alle fotografie fece ricorso quasi più che alle parole. |
Il versante dei lettori |
Spunti importanti di ricerca possono giungere dal versante dei lettori. Al riguardo, nella bibliografia raccolta sono inseriti riferimenti, sia pure rari e occasionali, ai luoghi di lettura dei periodici di cui ho trovato notizia. Sicuramente altre informazioni sono recuperabili ad esempio dalle rubriche di posta, ricche di firme dai toni suggestivi, e alle quali è legata, ad esempio, la maggior parte della reale presenza femminile sui giornali dell’epoca fino al fascismo. D'altra parte è possibile riscontrare qualche testimonianza su pratiche di lettura collettiva del giornale in uso nell'Abruzzo di fine Ottocento. Secondo un racconto di cui riferirò più approfonditamente in un prossimo lavoro, poteva capitare che in una casa si radunassero coinquilini e vicini di casa per ascoltare la lettura del giornale fatta probabilmente da un uomo, da un capo famiglia; il giornale si leggeva per intero ma particolarmente seguiti erano i resoconti processuali; la lettura non veniva seguita in silenzio ma era accompagnata da esclamazioni e commenti (immagino un po’ come si sarebbe fatto più tardi con le prime proiezioni cinematografiche). Naturalmente per quanto ho potuto capire eravamo ben lontani da una lettura di tipo critico: molte delle parole lette non venivano capite neppure dalle persone più acculturate ma nessuno chiedeva spiegazioni sui significati: si esclamava, si commentava, si rideva, si beveva: in sostanza un po’ si leggeva e un po’ si stava insieme e degli argomenti del giornale quello che si capiva, si capiva. |
L'indicizzazione |
Quanto detto finora si applica meglio ai giornali in senso stretto. Alle riviste di cultura, con articoli più meditati e contributi più scientifici, si addice meglio l’attività di indicizzazione che inizia in sordina, all’interno delle stesse riviste: già la “Rivista abruzzese”, ad esempio, pubblicava periodicamente Indici riepilogativi. Nel 1974 con l’Indice del Bollettino della Deputazione per i primi vent’anni, dalla fondazione (1889) fino al 1909, redatto da Walter Capezzali, iniziano i tentativi mirati di indicizzazione di collezioni o parti di collezioni. Si sono susseguiti negli anni molti tentativi di indicizzazione, più o meno riusciti e più o meno utili, tutti elencati nella parte bibliografica. A mio avviso vanno cercate strade nuove e, più che alla sequenza dei frontespizi (certamente utilissima) o alla scansione degli articoli per “materie, argomenti o soggetti”, operazione inevitabilmente condizionata da punti di vista personali e quindi poco efficaci, bisogna spingersi verso indicizzazioni più analitiche e più oggettive, anche se necessariamente più laboriose. Guardando ai sistemi informatici neppure bisogna confidare più di tanto nelle prospettive offerte dalla ricerca automatica full-text, alla quale in molti ritengono che siano da preferirsi sistemi di recupero di “parole chiave”, da riscontrarsi all’interno dei titoli degli articoli e/o da inserirsi in “note di contenuto” (gli abstracts, per intenderci) costruite ad arte, proprio in funzione della successiva indicizzazione. Un sistema in fondo già noto e applicato in diverse bibliografie regionali, quella di Giuseppe Profeta sulle Tradizioni popolari (1964), quella di Damiano Fucinese per Arte e archeologia (1980) e quella di Gabriele Iaculli per l’archeologia abruzzese (1993), ma per quanto mi risulta fino ad oggi mai usato per la redazione degli indici di un periodico.
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Giornali, riviste: due termini da chiarire |
Mi sembra opportuno a questo punto proporre qualche breve considerazione a proposito dei termini “giornale” e “rivista”i cui concetti, secondo Totok e Weitzel (Bibliografie di periodici, in Manuale internazionale di bibliografia, Milano, Bibliografica, 1979, vol.I, p.127) , non sono mai stati determinati con precisione né individuate con esattezza le rispettive differenze. I due bibliografi elencano quelle che a loro avviso rappresentano alcune delle caratteristiche proprie del giornale: periodicità breve: non più di 1 volta alla settimana; trattazione di problematiche e argomenti di interesse generale; punto chiave della moderna trasmissione di notizie [nel senso di notizie di attualità]. D’accordo senz’altro per ciò che riguarda l’interesse generale e l’attualità degli argomenti trattati, farei invece qualche considerazione sulla periodicità che non mi sembra elemento determinante. Basta guardare infatti alla nostra tradizione locale per constatare che i giornali più “poveri” diventano anche quindicinali o mensili, quando non si legano addirittura a a formule del tipo “esce quando può” oppure “esce quando gli pare” pur conservando tutte le altre caratteristiche distintive del giornale. In questo contesto vanno trattati anche i numeri unici, che secondo alcuni, mancando dell’elemento della serialità non sarebbero da considerarsi periodici. Mi sembra comunque che dire “numero unico” significhi comunque numerare anche se poi quel particolare “numero”, quel singolo pezzo, andrà a far parte di un insieme composto da un solo elemento; d’altra parte va rilevato che anche in Abruzzo si verificano situazioni limite, nelle quali giornali in difficoltà, superano gli scogli burocratici uscendo per un certo periodo con una serie di “numeri unici”; si pensi ad esempio al giornale fascista di Teramo, “Il Solco”, che nel corso degli anni Venti, di fronte alla grave crisi economica ed amministrativa del fascismo locale, seguitò ad uscire con una serie di numeri unici a cadenza irregolare. Mi sembra invece insieme all’interesse generale e all’attualità dei temi trattati e delle notizie veicolate si debba piuttosto guardare anche al formato dei giornali, che, al di là delle misure variabili, il giornale presenti una tipologia che richiama il formato in-folio e che lo apparenta alle varie tipologie di fogli volanti (bandi, manifesti, avvisi ecc.) che molti considerano per forma e contenuti (e forse non a torto) come gli antesignani degli attuali giornali. Senz’altro meno problematico il riferimento al termine “rivista”, in relazione al quale molte opinioni concordano nell’attribuirgli una condizione del tutto slegata sia dall’attualità che dall’interesse generale e quindi, in ultima istanza, caratterizzato da un’ampia periodicità che consente la pubblicazione di articoli più meditati. Oltre a questo, secondo Totok e Weitzel, "è legata a un determinato campo di materie o a un determinato programma" (Bibliografie di periodici, in Manuale internazionale di bibliografia, Milano, Bibliografica, 1979, vol.I, p.127). |
Per una bibliografia degli studi sulla stampa periodica abruzzese |
Per quanto possa esserci ancora da fare, non va dimenticato che il lavoro svolto è stato enorme e ha dato i suoi frutti. La massiccia opera di schedatura e di costruzione dei repertori ha messo a disposizione degli studiosi un materiale vastissimo e la documentazione disponibile ha favorito lo sviluppo di studi e ricerche. I periodici, considerati un tempo poco più che cimeli (risorgimentali o post-risorgimentali) da guardare al massimo come a oggetti di curiosità, sono diventati documento da studiare e valutare e quindi bene culturale da tutelare e valorizzare. Il crescente interesse riservato al mondo dei periodici abruzzesi, ha visto dunque il moltiplicarsi di studi, convegni e pubblicazioni, ricche spesso di importanti apparati critici, con il concorso di competenze, interessi e punti di vista diversi. A fronte di un interesse così marcato e di risultati così vistosi si comincia ad avvertire la mancanza di una specifica bibliografia di settore. Il cortese invito ricevuto dagli amici dell'Istituto abruzzese di ricerche storiche, di partecipare con un contributo bibliografico al presente volume, mi fornisce l’occasione di presentare questa prima raccolta di titoli. Si tratta di un semplice saggio bibliografico certamente parziale e che avrebbe avuto bisogno di una messa a punto sia per quel che riguarda le "note di contenuto" sia per la definizione di una griglia di indicizzazione, la cui possibilità è stata qui limitata soprattutto dalla ristrettezza del tempo a disposizione. Tuttavia, la discreta consistenza numerica della raccolta (più di 650 titoli) e la consapevolezza di aver comunque individuato almeno nelle grandi linee i più significativi percorsi di ricerca mi hanno indotto a presentare il lavoro nella sua provvisorietà. La presente raccolta bibliografica, iniziata in margine ad alcuni miei interessi nel campo dei periodici, si è sviluppata successivamente con lo spoglio dei principali manuali di bibliografia abruzzese che qui non elenco in quanto notissimi ma per i quali indico come riferimento il saggio di Giorgio Palmieri sui repertori bibliografici regionali (pubblicato in “Abruzzo contemporaneo”, 1998). Determinante è risultato il lavoro svolto dalle colleghe Nadia Di Luzio e Silvana Di Silvestre che da anni curano il soggettario della Biblioteca “Delfico” portando avanti un lavoro sistematico di spoglio di tutti gli articoli di interesse abruzzese, su tutti i volumi collettivi e su tutte le riviste abruzzesi e non (oltre 700) della locale emeroteca. Negli ultimi anni, ala catalogo di abbruzzesistica, si è aggiunto uno specifico "catalogo donna" che fornisce informazionei per autore e per soggetto sui più svariati aspetti della realtà femminile. Nel saggio bibliografico sono stati inseriti riferimenti anche al giornalismo radio televisivo. Si tratta di pochi contributi ma di notevole interesse anche perché vanno a toccare un argomento sul quale forse ci stiamo facendo trovare impreparati. Difficile al momento prevedere quanto potrà giungere alle successive generazioni rispetto alla produzione radio-televisiva regionale di questi anni. Resta un fatto isolato l’acquisto da parte della fondazione della Cassa di Risparmio di Teramo degli archivi della vecchia Tele Teramo, una Tv via cavo degli anni Settanta alla quale collaborarono giornalisti oggi di livello internazionale. Sarebbe quanto mai auspicabile in questo senso che le emittenti private locali depositassero almeno i servizi giornalistici presso le Mediateche della Regione, sia pure con tutte le limitazione d’uso che si dovessero ritenere opportune. Da questa prima raccolta non ho voluto eliminare a priori i riferimenti a quegli abruzzesi la cui opera ha assunto una dimensione decisamente al di sopra di quella regionale e che poco o nulla hanno avuto a che fare con l’Abruzzo al quale, se mai, sono stati legati soltanto in virtù dei normali rapporti che ogni uomo ha con la propria terra d’origine. Pertanto sono inseriti nella bibliografia alcuni riferimenti specifici all’attività giornalistica e al rapporto con i giornali di personaggi come Croce, D’Annunzio, i fratelli Spaventa, Flaiano, Piccone Stella, Pomilio, Antonelli; voglio segnalare infine che per quanto riguarda Croce è in corso di pubblicazione un interessante studio sui rapporti del filosofo con l’Abruzzo, nel quale vengono pubblicate tra l'altro alcune lettere inedite inviate al teramano Giacinto Pannella e inerenti gli studi che questi pubblicava su “La Rivista Abruzzese”.
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